coaching contratti e abuso di professione

Coaching, contratti e abuso di professione

Come sai molto bene, uno dei valori più importanti per me, e di conseguenza per la mia scuola, è l’etica: ne parlo anche nel manifesto di Orme di Luna.

Purtroppo il coaching come professione non è riconosciuto nella legislazione italiana, quindi tutelare noi stessi, i nostri clienti e assicurare che facciamo il nostro lavoro in modo serio e onesto è più difficile rispetto a professioni riconosciute, ma di certo non è impossibile!

Per questo motivo, consiglio agli studenti e alle studentesse dell’Accademia di farsi seguire da una figura legale per quanto riguarda i contratti.

Io stessa mi sono rivolta ad Alessandro Vercellotti di Legal for Digital, uno studio legale specializzato in contratti per i professionisti del web, come noi coach, che spesso lavoriamo da remoto e abbiamo bisogno di vedere tutelato e riconosciuto il nostro lavoro da una parte, e tutelare i diritti dei nostri clienti.

All’inizio di quest’anno, ho fatto una chiacchierata con lui, per presentare la nostra partnership e parlare di argomenti scomodi, come sai che amo fare. I soldi, ad esempio! Ecco cosa ci siamo detti.

coaching, contratti e abuso di professione

Perché il contratto di coaching è così importante

Ciao Alessandro, parlaci un po’ di te e del tuo lavoro. Sei un avvocato, giusto?

“Sì, esatto, faccio il lavoro più triste del mondo! O almeno, questa è la reazione che hanno tutti quando parlo della mia professione, la considerano noiosa.

In realtà, ho scelto di occuparmi di una parte di lavoro che mi piace molto: quello dei contratti.

Non vado in tribunale, non affronto la parte più triste della legge, e cioè il giudizio, ma mi occupo di prevenzione: faccio in modo che non si debba mai arrivare a quel punto, o perlomeno che sia molto difficile che accada.

Per me, questa è una vincita su tutti i fronti, perché quando si va in giudizio secondo me perdiamo un po’ tutti, da un certo punto di vista. Non è piacevole per nessuno.

Quindi, meglio tutelarsi prima!”

Giusto. Ammetto che io stessa tempo fa mi chiedevo in fondo a cosa servisse un contratto scritto.
Lo consideravo un’inutile formalità e uno spreco di denaro, scusa se ne parlo così schiettamente.

Ora ho cambiato idea. Avere un contratto prima di erogare un servizio è molto importante.

“Partiamo dal fatto che non esiste l’obbligo legale di avere un contratto, e per questo motivo la maggior parte dei professionisti non ne fa uno, senza per questo contravvenire agli obblighi di legge.

Nel momento in cui però si sceglier di contrattualizzare una qualsiasi attività, sto mettendo regole chiare che tutelano me, la mia professione e anche il mio cliente.

Si prevedono gli obblighi che ho nei suoi confronti, gli esoneri di responsabilità, ma anche i doveri che ha il cliente nei nostri confronti, come ad esempio la presenza alle sessioni di coaching.

Tutto quello che è scritto nel contratto, una volta firmato, non è più oggetto di discussione. Eliminiamo alla radice problemi come ad esempio i continui ritardi alle sessioni, o l’abitudine di non presentarsi e avvisare cinque minuti prima.

Senza contratto, tutto questo si riduce alla mancanza di rispetto e può diventare oggetto di discussione, mentre se il cliente ha firmato un contratto in cui si dice che gli incontri disdetti con meno di 24 ore di anticipo saranno pagati ugualmente, non c’è spazio per le interpretazioni.”

L’esempio che mi stai portando è lo stesso di cui mi parlava una mia allieva, che aveva una cliente che continuava a spostarle gli incontri, nonostante avessero fissato in anticipo il calendario.

Certo, poi gli imprevisti possono averli tutti, ma quando diventa un’abitudine, rischia di creare problemi alle giornate lavorative.

Far rispettare il contratto di coaching

A proposito di questo, una volta che si ha il contratto in mano, come si fa a farlo rispettare?
Di fronte a certe situazioni, molte persone si fanno problemi a tirare fuori il contratto firmato, per paura di sembrare troppo rigide ad esempio.

“Purtroppo la difficoltà parte ancora prima, spesso. Molte persone, una volta che hanno in mano il contratto, mi chiedono: “Ma quindi lo devo far firmare al cliente?”

Certo che sì!
Siamo nel 2024, online per qualsiasi cosa firmiamo un contratto, senza neanche accorgercene, quindi non è possibile che qualcuno si rifiuti.

Quando si inizia un rapporto professionale, bisogna accettare delle regole, altrimenti è molto difficile che si crei una situazione di reciproco rispetto a lungo termine.

Le regole servono per trovare un terreno comune di incontro, non di scontro: tutelano tutte le parti in causa.
Se violi le regole, però, io ho il diritto di farti almeno notare che da contratto non hai tenuto fede all’impegno che hai preso.

Poi posso anche scegliere di chiudere un occhio, per una volta, ma come minimo devo farlo notare, altrimenti nulla vieterà all’altra persona di reiterare il comportamento scorretto.”

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Coaching etico e abuso di professione

Tra l’altro, avere un contratto chiaro protegge anche il cliente dall’abuso di professione.
Sai che per me l’etica è molto importante. Da contratto, il coach si impegna anche a rispettare i suoi limiti, senza improvvisarsi psicologo.

Questo tutela il cliente e ne giova anche la reputazione del professionista, perché è scritto nero su bianco che agisce secondo i suoi confini.

“Assolutamente, il contratto è il documento che rende la professionalità qualcosa di reale e tangibile: non ci diciamo informalmente cosa faremo, ma lo descriviamo nel dettaglio in un documento.

Ci sono regole scritte che entrambe le parti devono accettare, e se il cliente deve garantire ad esempio presenza e puntualità, il coach stabilisce i limiti entro cui può arrivare, dopo i quali la questione non è più di sua competenza e deve rimandare ad altre figure.

Questo fa venire meno anche un’aspettativa magari non corretta, mette in chiaro subito l’area di competenza e creare dal primo momento un rapporto pulito, di fiducia reciproca.”

Molte delle persone che mi seguono vengono come me dall’ambito olistico, che io conosco molto bene, e c’è un po’ la convinzione che, dovendo risparmiare soldi, la prima cosa da tagliare sia la tutela legale con il contratto.
Poi in molti scaricano fac simile da internet.

“Lo so, mi è capitato di ricevere moltissime richieste di revisione di contratti, che altro non erano che un fac simile scaricato da Google.

Prima di tutto, il contratto deve essere stilato sulla base della situazione del professionista, mentre questi documenti sono così generici che quasi quasi sarebbe meglio non presentare nulla!

Magari ci sono clausole e regolamenti che non c’entrano nulla con il lavoro che si dovrà fare, magari la privacy non è aggiornata, insomma, diventa un’arma a doppio taglio.”

Un coach professionista ha bisogno di un contratto?

Da quello che emerge in questa chiacchierata, direi che il contratto è assolutamente necessario!

Tutela allo stesso tempo il professionista e il cliente, perché mette in chiaro tutta una serie di regole da rispettare da entrambe le parti: puntualità, impegno, ma anche limiti professionali ed etica.
Dal contratto emerge chiaramente che non sei in abuso di professione.

Come si dice: patti chiari, amicizia lunga. Meglio se per iscritto!

Grazie ad Alessandro per il confronto.
Trovi il resto dell’intervista sulla mia pagina Instagram.

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